Furia Cosacca
Ben pochi sono indifferenti alle immagini evocate dai cosacchi. Nell'Europa Occidentale predomina la percezione romantica: appena viene pronunciato il termine "cosacco", emerge la visione di abili cavalieri, carichi di cartucciere e con indosso grossi copricapi di pelliccia, che galoppano con le sciabole sguainate nelle steppe aride o innevate; in loro, coraggio e spacconeria sembrano sinonimo di indipendenza di spirito. Vengono in mente scene di accampamenti illuminati da un falò, con vecchi irsuti e fanciulle dai capelli scuri che battono le mani di fronte a virili danzatori e cantanti.
Questa visione alla Byron è di sicuro affascinante, tuttavia, in altre zone dell'Europa e dell' Asia - soprattutto in Polonia, nel Caucaso meridionale e in alcune città industrializzate della Russia - prevale un'immagine ben più cupa. I prodi cavalieri assumono le sembianze di diavoli a cavallo. Le staffilate dei cosacchi sulle schiene di pacifici dimostranti hanno sostituito le note seducenti della balalaika, rapine e saccheggi vengono ricordati più rapidamente del coraggio e dell' abilità, lussuria e ubriachezza più del carisma e dell' allegria.
Comunque sia, la loro resta una storia affascinante, epica ed avventurosa, che si dipana tra le grandi pianure dell’Ukraina (per lungo tempo sotto il dominio polacco) e le steppe della Russia fino ai lontani monti del Caucaso.
Il modello di vita sociale cosacca aveva connotazioni più o meno simili a quelle dei Tatari da cui essi discendevano, cioè di un popolo nomade, almeno fino ai secoli XV e XVI. Poi le sponde del fiume Don divennero il fulcro della patria cosacca, ma si svilupparono varie comunità anche sui fiumi Terek (nel Caucaso), Volga e Yaik (Ural).
Sul fiume Dnepr si formò una comunità assolutamente unica, quella dei cosacchi zaporoziani. I membri di questa comunità vivevano su isolotti tra le rapide del Dnepr, quasi del tutto inaccessibili e di conseguenza inespugnabili.
I riti di iniziazione erano ancora più severi rispetto a quelli di altre comunità cosacche e includevano l'abilità di nuotare nel fiume in piena. Grazie a questa loro confidenza con l'ambiente acquatico, i cosacchi zaporoziani rivestirono un ruolo fondamentale nelle operazioni di attacco sul Mar Nero. Le loro imbarcazioni, chiamate "gabbiani" erano perfette sui fiumi, mentre in altomare venivano rese più galleggiabili con fascine di canne apposte sui fianchi, un accorgimento che, benché esteticamente le facesse apparire lente e impacciate, in pratica le rendeva tanto funzionali da poter competere con lance e velieri di dimensioni maggiori. La pirateria andò così ad aggiungersi alle altre attività di sussistenza cosacche.
Ma fu sulla terraferma che le tattiche si svilupparono affinarono più rapidamente. I cosacchi erano sempre stati unità irregolari, la cui strategia si basava soprattutto sull' imboscata e sull' elemento sorpresa. Anche se fino alla prima metà del ‘600 il nerbo degli eserciti cosacchi era formato dalla fanteria (poveramente armata), essi sono diventati famosi per il loro modo di operare come cavalleria, e i loro pony permetterano una notevole mobilità nella steppa; fin dai primi tempi le loro specialità erano state scortare ed esplorare. Talvolta però operavano in unità più numerose e in questo caso adottavano una linea d'attacco che si estendeva più di quella dei difensori e li chiudeva in curva restringendosi a semicerchio.
La cavalleria cosacca era abilissima nell'individuare i punti deboli nelle linee di difesa nemiche e su di essi concentravano i loro attacchi fino a creare una breccia che permetteva loro di infiltrarsi nella retroguardia. Le caratteristiche fondamentali della loro abilità in combattimento erano la velocità e la flessibilità nelle formazioni.
Quando, durante una campagna, dovevano attraversare vasti spazi aperti, i cosacchi disponevano le loro carovane con i rifornimenti in due linee parallele e, se incontravano uno schieramento nemico più numeroso, le due linee venivano chiuse davanti e dietro, formando una sorta di cerchio o rettangolo di barricate dietro cui balzavano i cosacchi smontati da cavallo. Questo tipo di tattica (piuttosto comune tra le popolazioni dell’est, a cominciare dagli Hussiti del XV secolo) permise loro di misurarsi in campo aperto con eserciti costituiti da nuclei fortissimi di cavalleria, come i Turchi Ottomani e i Polacchi.